ESSERE IN CONTATTO
La cassetta degli attrezzi del comunicatore ambientale
Ci sono tecniche, strumenti, ”mappe” che possono aiutare il comunicatore ambientale nel suo lavoro? La risposta è sì: ne parla Alberto Marzetta.

Stimoli semplici ma significativi per parlare di ambiente e arrivare veramente agli interlocutori
Alberto Marzetta ha insistito molto durante il suo intervento a Open TOAST! sulla tripletta della buona comunicazione, ovvero “saper ascoltare, avere comportamenti coerenti con il proprio messaggio, stimolare un’azione concreta, ripetibile, semplice”. Proprio per questo, gli abbiamo chiesto quali sforzi comunicativi è il momento di fare quando si parla di ambiente e raggiungere gli interlocutori del discorso.
Ci sono tecniche, strumenti, ”mappe” che possono aiutare il comunicatore ambientale nel suo lavoro? La risposta è sì. Si tratta di stimoli semplici ma molto significativi, da tenere sempre a mente e che Sergio Vazzoler, nel suo percorso professionale con il team di Amapola (di cui Alberto fa parte), ha ampliato e teorizzato in una sorta di “cassetta degli attrezzi” per una buona comunicazione ambientale. Ci sentiamo di azzardare che tali incentivi sono utili anche a noi come destinatari o a non addetti ai lavori, se non altro per allenare l’occhio e l’orecchio ad un certo tipo di linguaggio che per forza di cose deve cambiare – e lo sta già facendo.
Iniziamo.
Dialogare e interagire con i propri stakeholder in modo da capirli, soddisfarli e allo stesso tempo responsabilizzarli sugli impegni condivisi.
Ecco l’ascolto che prende piede nell’azione. Comunicare è agire e le prime azioni sono l’ascolto e il dialogo. Cosa pensano della mia organizzazione, di me, i miei “portatori di interesse”? Che idee hanno, quali vissuti ed emozioni? Un pozzo di informazioni da indagare, tanto all’inizio, quanto nel prosieguo della relazione.
Dimostrare la coerenza tra i messaggi di sensibilizzazione ambientale e i comportamenti assunti nella pratica quotidiana.
Ça va sans dire.
Trasferire messaggi veri, comprensibili, esaustivi.
Una buona comunicazione non può prescindere dalla chiarezza e dalla trasparenza. Chiarezza non solo espositiva, cioè con messaggi scritti, pronunciati e interpretati in maniera corretta, ma anche chiari perché comprensibili, vicini ai vissuti e alle competenze di chi ascolta, sufficientemente brevi ed efficaci da risultare esaustivi.
Sfrondare il linguaggio da acronimi, tecnicismi e codici per addetti ai lavori.
Riprende un po’ il punto precedente. La chiarezza necessita l’abbandono assoluto di gerghi e linguaggi per addetti ai lavori. Queste strade, infatti, non solo minano la comprensione del messaggio, ma lo rendono fumoso – cioè non trasparente, con il risultato di perdere efficacia e autorevolezza. Basta pensare a sigle, acronimi, modi di dire, riferimenti astrusi a leggi e codicilli, etc. Questo è ancor più valido per la questione ambientale, che abbraccia ogni singolo cittadino in generale, e ancor più quando si è in presenza di un evento climatico importante, come le «bombe d’acqua» o simili. In quei momenti il linguaggio assume l’importanza del farmaco: comunicare bene può salvare vite.
Valorizzare le buone pratiche e i benefici ambientali, senza esagerazioni e opacità, evitando scorciatoie di facciata o il rischio di greenwashing.
C’è un detto nel campo delle relazioni pubbliche, sul quale insistono particolarmente Alberto e i suoi colleghi di Amapola: fare, fare bene, farlo sapere. Sempre con i toni giusti, perché il tema ambientale, così delicato, è nemico del tono da performance. Chi tutela l’ambiente fa quello che deve fare, non di più e meglio. «Diciamo cosa facciamo, perché è parte di noi, della nostra identità, del modo di intenderci nel mondo e nell’ambiente. I muscoli lasciamoli per la panca piana in palestra», un po’ difficile da parafrasare.
Essere positivi e coinvolgenti, per sollecitare adesione e comportamenti virtuosi.
Ce lo ricordiamo l’orso polare, le raccolte di firme per salvare da morte certa una specie animale o vegetale mai sentita prima, le mille volte che hanno provato a instillarci il senso di colpa? Ecco, ora dimentichiamocene. Senza essere positivi a tutti i costi o, peggio, falsi, il comportamento e la comunicazione coinvolgente, che sa stare nella negatività, è quella che da quest’ultima prova a risalire verso elementi positivi, sollecitando adesioni ai progetti – prendere parte all’azione, quindi – per ottenere comportamenti virtuosi in cui le persone si riconoscono con orgoglio.
Attribuire un peso specifico alla cura delle relazioni con le comunità locali attraverso gli strumenti digitali.
I social, oltre a essere lo sfogatoio di molti, sono un luogo in cui le distanze si accorciano e dove il coinvolgimento che si può ottenere con una buona comunicazione è molto elevato. Il tema ambientale, proprio perché interessa le comunità e i territori sia nella loro interezza sia nel caso di eventi climatici importanti, è molto adatto a un uso consapevole della comunicazione digitale. Questo perché è in grado di mixare le relazioni con le comunicazioni dirette alla comunità, anche se bisogna sempre tenere presente quanto la dispersione di informazioni (o il loro moltiplicarsi senza controllo) possa minare l’autorevolezza delle informazioni e la loro efficacia, in particolare quando è in corso un evento climatico grave.
(L’immagine di copertina è un’illustrazione di Duncan Connell che ha disegnato Alberto Marzetta a Open TOAST! dal vivo)
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